Lui era lì nel pieno di quello che doveva essere la sua corsa quotidiana. I pensieri avrebbero dovuto essere in movimento con lui, mentre la sua mente lasciava da parte problemi antichi e nuove incombenze. Niente di tutto ciò accadde quel giorno. L'intensità del suono di quell'orchestra di cicale era dominante, tant'è che le poche macchine passanti la strada antistante, apparivano silenziose scatole di metallo su ruote, prive di quel suono che ne caratterizzava il motore. Ma pure tale rombo quel giorno venne sommerso da quella naturale musica.
Nel frattempo gocce di sudore lasciavano inconfutabili tracce su una fronte arsa dal calore e le gambe a fatica cercavano di ritrovare una falcata fino a pochi giorni prima di una rara scioltezza.
Dopo più di quaranta minuti d'assordante accompagnamento e con una temperatura corporea da evidente stato febbrile, il cartello di benvenuto, indicatore di un immediato arrivo, riportava la corsa ad una normalità oramai dimenticata. Proprio prima degli ultimi ottocento metri il gran finale. Come dirette da uno straordinario maestro, tutto d'un colpo la musica s'interruppe. Una perfetta contemporaneità nella dismissione degli strumenti. Solo allora lui capì, che quello che gli era sembrato un disturbo, in realtà non fu altro che un tributo allo sforzo appena compiuto.
Applausi.
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